l’udito

30 06 2010

nella foresta pluviale di Nyungwe, sud Ruanda

“Antichi dissettori dicevano che il nervo uditivo si divide in tre o più vie nella profondità del cervello. Pertanto supposero che l’orecchio potesse ascoltare a tre diversi livelli. Una diramazione, si diceva, ascoltava le conversazioni mondane. Una seconda apprendeva l’arte e il sapere. E la terza esisteva affinché l’anima potesse ascoltare la guida e acquisire conoscenza mentre si trovava sulla terra.”

Clarissa P.E., Donne che corrono coi lupi





Securité

28 06 2010

Questione di sicurezza, nazionale o privata che sia,   

e la sensazione è quella di rimbalzare su soffice  o v a t t a.    

Dalla difesa della nazione per mano dell’esercito in mimetica,    

a quella delle private dimore per mezzo non di cani, non di antifurti, ma degli zamu (la cui esistenza meriterebbe una trattazione a parte, magari un’altra volta),    

passando per la polizia nazionale in nero-lucido che ti perquisisce se vuoi entrare all’expo lungo il lago dove le bancarelle sono in perfetto stile  festa dell’unità o accedere al campo dove un maxi schermo proietta i mondiali,    

passando infine per le guardie locali in rosso-sbiadito e armate di manganello.    

La sicurezza non manca, accortezza giusto alla stazione dei pullman dove i soliti bandits hanno  il vizietto di allungare le mani; e magari anche rientrando a casa la sera passando affianco al bananeto (Ele e Chiara avrebbero qualcosa da dire in proposito).    

E quando ho l’impressione che tutti questi uomini in divisa a me, ospite occidentale, più che tranquillizzare inquietano un po’, ripenso al mio ultimo periodo a Roma e in particolare ai capolinea delle metro dove non era raro trovare carri armati a garantire la quiete pubblica. Ci sono ancora?





Ingegneria infantile (2)

16 06 2010

dal genio di Moise

Talento negato.

Balla sotto la pioggia in mutande per farsi la doccia,

ha classe nel disegnare,

e a 10 anni (ma ne potrebbe avere anche 8 o 13) nega di essere un delinquentello mentre fa capolino in questa o quella brigade de police o l’equilibrista lungo la barriere, sgattaiolando dentro e fuori Gisenyi, dentro e fuori Goma.

Possiede un genio fuori dal comune, non omologabile, di quelli che condannano all’ (auto)esclusione.

Mi fa pensare a Basquiat, forse gli assomiglia anche un po’, ma chissà se lui avrà mai il suo Andy Warhol.





L’isola che non c’è

15 06 2010

Sulla spiaggia ultimamente soffia un venticello gradevole che stempera il caldo e schiarisce l’orizzonte.

Di fronte a me le montagne congolesi solitamente nascoste dalla foschia, le piattaforme, due o tre o quattro, per l’estrazione del gas e l’isola che non c’è, ma che è lì, in mezzo al lago Kivu.

L’isola che non c’è, l’isola di Iwawa, che non c’è perché in questo punto la costa piega bruscamente a destra e poi a sinistra nascondendo la vista a sud, che non c’è perché nessuno ne parla, che non c’è perché lì non ci sono che quei perdigiorno senzatetto che negli ultimi mesi sono stati trovati senza documento d’identità e pertanto “rastrellati”.

– Per inciso, essere senza documento di identità è qui cosa piuttosto frequente: basta che un miserabile ruba ad un altro miserabile il documento ed ecco che il malcapitato si trova a dover sborsare cinquemila franchi per un duplicato. Ma qui cinquemila franchi sono parecchi per chi vive alla giornata ed ecco che il documento diventa un bene prezioso, di lusso –

Iwawa – ne ho sentito parlare ultimamente, ma sempre sottovoce, di nascosto, con un filo di terrore. Io non capivo, ma poi le voci corrono come un soffio di vento e spesso sono i bambini a svelare gli arcani.

Iwawa è l’isola sulla quale sono destinati principalmente i ragazzi di strada, è ufficialmente definita  The Rehabilitation and Vocational Skills Development Center, centro istituito per iniziativa del governo con lo scopo, appunto, di recuperare i ragazzi dalla strada, insegnare loro le buoni maniere e, al tempo stesso, un mestiere per quando avverrà il reinserimento nella società, comunque non prima dei tre anni dall’arrivo.

E’ stato detto e scritto di tutto sull’isola da quando il New York Times ha duramente accusato il governo di aver istituito una prigione, una sorta di Alcatraz, un luogo fortemente repressivo ed espressione di discriminazione etnica. (http://www.nytimes.com/2010/05/01/world/africa/01rwanda.html)

Il governo ruandese ha prontamente respinto le accuse e difeso questa iniziativa creata con il solo intento di “recuperare” giovani altrimenti abbandonati ad una vita priva di dignità e di significato, ma fatta di delinquenza e di precarietà.  (http://rwandinfo.com/eng/rwanda-government-attacks-the-new-york-times-over-iwawa-prison-camp-report/)

Prendere posizione è oltremodo difficile, mi risulterebbe più semplice se in questo paese non ci vivessi, paradossale, no? Questa realtà mi ha costretto a mettere in discussione persino l’universalismo dei diritti, avulsa com’è dalle mie logiche di pensiero, che con il tempo ho imparato a pazientare prima di formulare un qualsiasi giudizio, fosse anche solo nella mia mente. Perché giudicare richiede saper guardare la realtà con distacco, neutralità ed incredibile capacità di contestualizzare.

Intanto le prossime elezioni politiche sono alle porte ed io non trascuro il fatto mentre sulla spiaggia cerco l’isola che non c’è.





Trasmigrazione stellare

12 06 2010

‘sta sera ho assistito a qualcosa che definirei trasmigrazione stellare.

Mi spiego.

Io, Chiara e Ele

il posto,

quello “piacevole” e rilassante scoperto oggi stesso,

dove dopo due secondi che siedo al tavolo mi viene voglia di togliermi le scarpe e sentire sotto i piedi la consistenza dell’erba,

il posto,

da dove il lago si intravede incorniciato tra un paio di alberi imponenti

dove il tipo del bar ‘sta mattina ci ha offerto la nuova fanta fiesta che sapeva di amarena

o anche di sciroppo per la tosse

e, sarà stato il clima o la mattinata particolarmente piacevole,

sarà stato il vento che faceva increspare le onde del lago solitamente calmo rassomigliandolo al mare,

che contemporaneamente io e Chiara ci siamo ritrovate in bocca la consistenza della grattachecca, all’amarena, per l’appunto.

Visioni gustative.

Posto perfetto per leggere o godere del silenzio, così rannicchiato com’è su quella sorta di cucuzzolo, di vedetta semideserta e di notte semi-illuminata.

E allora che fai, non ci torni anche a cena?

Dicevo, la trasmigrazione.

Non c’entra certo la primus appena versata aspettando brochettes e ibirai, sia chiaro.

Con la coda dell’occhio noto un puntino luminoso, del tutto identico ad una stella, che si muove velocissimo.

Ne noto poi un altro, e poi un altro ancora.

Ora, una stella cadente prima o poi scompare,

un aereo non va così veloce

e soprattutto ne passa uno, non dieci e tutti in direzioni diverse.

E tutto questo traffico, non su questi cieli, no!

E allora cos’altro se non una trasmigrazione di stelle?

Magari uno sciame migratorio di passaggio per questi cieli e diretto su altre galassie.

O forse stelle cadenti pronte a tuffarsi nell’emisfero nord.

Satelliti in missione?

Ufo diretti sur cupolone?

Chi lo sa.

In direzione nord sta sera non brillava la luna, ma una stella luminosissima, la chiamano satellite, devo scoprire cos’è.

Qui le stelle sono bianche

rosse

blu

azzurre.

Alcune brillano così tanto che sembrano muoversi.

Puntinismo galattico, ecco cosa nasconde l’eccessiva illuminazione dell’emisfero boreale.





Puntidivista

11 06 2010

Puoi dire di averlo mai fatto, puoi dire davvero di aver mai accettato di guardare la stessa identica cosa da una prospettiva differente? 

convergenze in controluce

  

timidamente vernice